Il no alla pace del plebiscito in Colombia

I Signori della Guerra non possono continuare a vincere

04/11/2016

 

Le “Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo" (in spagnolo Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo), acronimo FARC, sono un’organizzazione guerrigliera, nata nel 1964 per contrastare le azioni repressive da parte dello Stato nei confronti degli esperimenti di autogestione contadina, ma questa organizzazione si è presto trasformata in un nuovo "dittatore" per l’intera popolazione.
Responsabili di violenze e numerosissimi crimini, si conta un bilancio di, oltre ai morti, 45 mila 'desaparecidos' e più di otto milioni di sfollati.

“In occasione del giorno internazionale della pace del 21 settembre scorso, con un gran colpo mediatico, il presidente colombiano Juan Manuel Santos annuncia, di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York, che la pace con le Farc è cosa fatta ... ma … nella società colombiana serpeggia un forte spirito di sfiducia nei confronti delle FARC per il pericolo che l’implementazione degli accordi di pace non metta davvero al centro le vittime del conflitto armato”.

Il 25 agosto scorso è stato firmato l’accordo di Pace con le FARC e ne è stata riconosciuta l’iniziativa al presidente della Colombia Juan Manuel Santos tramite l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2016, ma il 4 ottobre, con il referendum, i votanti bocciano l’accordo. 

 

Dal pre-referendum al Premio Nobel per la Pace di Santos, in Colombia la situazione è estremamente complessa e delicata.
Vi proponiamo un articolo di Cristiano Morsolin, che presenta una visione socio-politica sia attuale sia storica, dall'interno del paese.

 

 

Anche con il NO alla pace del Plebiscito, i Signori della Guerra non possono continuare a vincere...

Di Cristiano Morsolin

 

Sotto la pioggia battente e freddo inusuale, la Colombia ha celebrato la scorsa domenica 2 ottobre il referendum con l’obiettivo di garantire un riconoscimento popolare all’entrata in vigore degli accordi di pace firmati a Cartagena lo scorso lunedi 26 agosto. Nella centrale Piazza Bolivar, il Presidente della Repubblica Santos ha dichiarato che “oggi celebriamo l’anniversario della nascita di Mahatma Gandi, dobbiamo aprire i nostri cuori allo spirito della non-violenza”.

Il Premio nobel di pace Adolfo Perez Esquivel usa un’immagine bibilica per dipingere questa data storica: «Oggi termina la lotta armata, dobbiamo trasformare le armi in aratri di pace per la vita». Tutti i telegiornali del mattino hanno annunciato la possibile vittoria del SI con buon margine. Queste speranze vengono tristemente tradite dal voto finale che lasciano il Paese andino nella totale incertezza.

Nel referendum i 'no', il 50,21%, hanno superato di un soffio (55.000 voti) il 'sì' all'applicazione dell'accordo, che sono arrivati al 49,78%. Ma sia il governo che i leader delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia hanno indicato l'intenzione di andare avanti nella strada indicata dall'accordo di pace. Secondo Jacobo Garcia del País di Madrid, Alvaro Uribe, Presidente precedente (nel periodo 2002-2010) si è realizzata una sistematica violazione massiccia dei diritti umani come documentato da molti organismi internazionali) e oggi leader dell’opposizione con il Centro Democratico, è il vero vincitore del referendum: ha condotto una campagna elettorale difficile per spiegare le ragioni del “No” che in realtá ha riempito di menzogne e disinformazione ma anche di una strategia politica di estrema destra in vista delle elezioni presidenziali del 2018.

Un esempio eclatante di queste false veritá è che gli accordi promuovono l’impunità senza carcere per i carnefici: «L'amnistia è prevista per le Farc. Non per le Forze armate, non per i gruppi che contrastavano i terroristi. Non mi sembra un compromesso ma una capitolazione. Per i delitti come il narcotraffico non ci sarà carcere, non ci saranno estradizioni. Anche per i delitti che potremmo chiamare di lesa umanità, nonostante il governo affermi il contrario, non sono previste condanne e prigione se chi li ha commessi si assume la responsabilità» sottolinea Uribe.

Ingrid Betancourt da Parigi spiega il legame Uribe-Trump: «Molto dipenderà, come sempre, anche dagli Usa. Se dovesse vincere Trump, in Colombia torneranno molte persone implicate nel conflitto che ha devastato il Paese negli ultimi 52 anni. La guerra in Colombia è stata voluta, fortemente, dall'estrema destra americana. L'influenza Usa è legata anche ai fondi di cui il mio Paese ha necessità per far trionfare la pace».

Secondo le prime analisi di un voto-shock per il Paese, i 'Sì' si sono imposti nelle aree più colpite in questi anni dal conflitto, mentre i 'No' hanno invece vinto nelle città (come Antioquia, feudo di Uribe). A essere chiamati al voto sono stati quasi 35 milioni di colombiani, i quali hanno risposto al seguente quesito: «Sostieni l'accordo finale per terminare il conflitto e per la costruzione di una pace stabile e permanente?». Nell'esito del voto ha pesato la tradizionale forte astensione colombiana, pari a circa il 62%.

I comandanti della guerriglia delle FARC avevano provato a cambiare la loro immagine (totalmente odiata dai colombiani ) nel tentativo di ritornare alla politica, ma molti hanno visto l'integrità politica e giudiziaria del paese a rischio. Grave l’immagine di Timocenko a Cartagena che entra con il pugno alzato in segno di vittoria sottolienendo che lo Stato non e’ riuscito a vincere militarmente le FARC.

Santos ha accettato il verdetto che lo delegittima politicamente ma ha aggiunto che "mi batterò per la pace fino all'ultimo giorno del mio mandato". Ha convocato un consiglio dei ministri straordinario, ha valutato tutte le opzioni sul campo, sta pensando ad un "patto politico nazionale" che raccolga anche le opposizioni.

L’ex presidente Uribe, e leader dell’opposizione del Centro Democratico, ha sottolineato quali sono i punti che dovrebbero essere rivisti in una possibile nuova intesa con le Farc: le modalità della cosiddetta «giustizia di transizione», la futura rappresentazione politica della guerriglia, la questione del narcotraffico e le rivendicazioni delle vittime del terrorismo.

 

Il potere delle oligarchie tra populismo e demagogia

Lo scrittore Héctor Abad Faciolince , nel quotidiano El País, spiega la debacle del referendum nel suo articolo Explicar el fracaso: «In Colombia, come nel resto del mondo, la battaglia democratica si gioca tra una classe politica vecchia e stanca (abbastanza sensata, corrotta come sempre e screditata da decine di anni di critiche feroci da parte di noi “intellettuali”) e un’altra classe politica meno sensata, più corrotta di quella tradizionale, ma piena di slogan e pagliacciate populistiche. Il populismo e la demagogia volgare stanno avendo la meglio ovunque. Silvio Berlusconi ha aperto le danze, perché l’Italia è maestra del trending topic e lì tutto è inventato prima che altrove. Poi sono arrivati Hugo Chávez, Vladimir Putin, Álvaro Uribe, Daniel Ortega. Arriveranno anche Donald Trump e Marine Le Pen? Forse. Sono tutti demagoghi perfetti, cleptocrati che denunciano la vecchia cleptocrazia. Il popolo preferisce votare loro pur di cambiare. Un salto nel vuoto? Sì. Meglio un salto nel vuoto che la noia del buon senso», conclude Abad.

 

Hanno vinto i Signori della Guerra?

Tonio Dell'Olio, con la sua esperienza in Pax Christi e Libera, osa dire qualcosa di innominabile in Colombia “ci si è illusi che un Paese ferito, che per più di mezzo secolo ha parlato solo con il linguaggio della morte, potesse scegliere all'improvviso di percorrere un altro sentiero. È necessario e urgente alimentare la fiducia e il coraggio della pace. Ancora hanno prevalso le ragioni e i metodi delle oligarchie potenti che proprio dal conflitto hanno tratto vantaggi economici e di potere. I signori della guerra. Per questo il cammino si rivela ancora più lungo e più difficile del previsto”, conclude Dell’Olio.

Va registrata la sfiducia della comunita internazionale che provoca l’aumento del dollaro chee svaluta il peso, la caduta azioni colombiane di borsa, congelati i 450 milioni di dollari offerti dagli USA e centinaia di milioni promessi dalla Banca Mondiale. Riemerge il neocolonialismo anacronistico degli STATES che dalla Casa Bianca parlano di “raddrizzare” un accordo (enderezar...sic) in una democrazia “confusa”.

Ma forse ha ragione il Vice Ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale Mario Giro (che ha rappresentanto l’Italia alla firma degli accordi a Cartagena ) ha lanciato una gravissima denuncia d’allarme che contraddice il presidente della Conferenza episcopale colombiana, monsignor Castro Quiroga: “La pace è davvero a rischio. Quanta è successo ci deve comunque preoccupare: c'è una minoranza agguerrita che rischia di destabilizzare l'intero processo di pace. Dobbiamo fare tutto il possibile perché questo non avvenga: I'Unione Europea non stia a guardare e appoggi finanziariamente la ricostruzione”.

 

Premio Nobel di pace, pressione politica della comunita’ internazionale

Ariel Avila della Fondazione “Paz y Reconciliacion” commenta in TV a Bogotá alle h. 8.10 di questa storica giornata che gia sta facendo il giro del mondo: “Questo premio nobel di Pace al Presidente Santos e’ nettamente politico per esercitare pressioni a Uribe e convincere tutti”.

Molti analisti considerano che il Premio Nobel di Pace sia un mandato della comunita’ internazionale per spingere nella direzione di implementare gli accordi di pace firmati con FARC il 26 settembre; la Norvegia e’ paese accompagnante da oltre 4 anni nel tavolo dei negoziati dell’Avana e pare abbia convinto la Reale Accademia a questa decisione strategica per firmare definitivamente ora un accordo ancora sospeso a causa del NO del referendum.

Il premio è un incoraggiamento a non gettare la spugna: l'accordo con la guerriglia è stato clamorosamente bocciato dal referendum popolare di domenica scorsa, ma il comitato per il Nobel norvegese ha voluto ugualmente premiare il presidente che il giorno dopo la sconfitta ha invitato le parti a partecipare a un ampio dialogo nazionale perchè il processo di pace non muoia.

Ho partecipato alla presentazione del libro “Paz en Colombia: perspectivas, desafíos, opciones” della CLACSO alla Pontificia Universita’ Javeriana dei gesuiti di Bogotá. Pablo Gentili, Direttore CLACSO che raccoglie centinaia di ricercatori e esperti di scienze sociali e politiche di tutta l’America Latina, ha denunciato «proprio oggi, giornata internazionale della non-violenza una manciata di colombiani hanno deciso festeggiarla continuando con l’orrore di una guerra assurda. Colombia e’ una democrazia degradata dove l’80% della popolazione lascia il 20% che decida di continuare a vivere con la guerra e l’orrore».

 

AUTORE

Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina dove vi risiede dal 2001.

Blog:   https://diversidadenmovimiento.wordpress.com/

18 ottobre 2016

Vi invitiamo ad approfondire con la lettura del "comunicato pubblico" della COALICO sull'argomento, contro il reclutamento armato dei minori:
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