Un segnale positivo dalla Colombia

24/02/2021

[traduzione dall’editoriale del País

“La regularización masiva de migrantes venezolanos es un gesto de altura”]

Migrantes venezolanos en una carretera en Cúcuta (Colombia), el pasado 2 de febrero.SCHNEYDER MENDOZA / AFP

 

Il presidente della Colombia, Iván Duque, la settimana scorsa ha preso una decisione di enorme importanza che converte il paese sudamericano in un esempio per la regione e, in senso più ampio, per il resto del mondo. La regolarizzazione di circa un milione di venezuelani clandestini è una misura politica coraggiosa che ha l’obiettivo di porre fine alla precarietà dei migranti, risolvendo la loro situazione amministrativa e aprendo le porte del sistema – servizi pubblici, mercato del lavoro ecc – ad un gruppo estremamente vulnerabile. Tuttavia questo processo, che si applicherà a partire da maggio attraverso un nuovo statuto temporaneo di protezione, è anche un potente messaggio globale di accoglienza e un invito alla convivenza. Un’eccezione nel panorama internazionale segnato da xenofobia, nazionalismi, muri e recinzioni.

La Colombia è il paese che negli ultimi anni ha ricevuto più migranti venezuelani. Dall’altro lato della frontiera la gravissima crisi economica e istituzionale causata dal chavismo ha provocato un esodo inedito in America Latina. Secondo i calcoli delle Nazioni Unite, circa cinque milioni di persone se ne sono andate dal Venezuela in cerca di opportunità, soprattutto a partire dallo scoppio delle proteste del 201 contro il governo di Nicolás Maduro. Approssimativamente un terzo – 1,7 milioni, secondo le stime delle autorità migratorie – si è stabilito nel paese attiguo. Di questi, più di 960.000 sono ancora senza documenti. Ovvero, sono condannati a vivere nei margini della società.

La Colombia ha circa 50 milioni di abitanti ma, anche se il suo sistema economico è uno dei più stabili della regione, i suoi servizi pubblici non sono comparabili con quelli dei paesi più prosperi dell’Occidente. Con queste premesse si comprende che lo sforzo del Governo, che da anni chiede un maggiore appoggio economico della comunità internazionale, è enorme. Soprattutto in un momento così delicato per la gestione dell’emergenza umanitaria della pandemia da COVID-19.

I migranti clandestini sono passati in poche settimane dal rimanere esclusi dall’immunizzazione contro il coronavirus – annunciata dallo stesso Duque a Natale – ad avere il diritto di soggiorno per 10 anni. La svolta è evidente e l’annuncio del presidente suppone, in alcuna maniera, un colpo di scena. La regolarizzazione gli è valsa gli elogi di alcuni dei principali organismi internazionali, dagli USA all’UE.

Duque, a capo di un Governo conservatore, ha ricevuto critiche per la sua gestione in vari ambiti, tra cui la dubbiosa applicazione degli accordi di pace con le ex FARC, le azioni delle Forze Armate o la violenza sul campo. Questa misura probabilmente risponde a calcoli politici. Tuttavia, quello che importa veramente, è la decisione in sé e il suo impatto sulle persone. Un gesto notevole che segna una strada anche per altri paesi della regione, dal Perù al Cile, dall’Ecuador al Brasile, dove vivono centinaia di migliaia di venezuelani, e si pone in evidenza anche davanti a molti governanti dei paesi più sviluppati.

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