Bolivia

La Bolivia si estende per 1.098.581 km2 (CIA 2010), posizionandosi al centro del Sud America. Confina a Nord-Est con il Brasile, a Sud con Paraguay ed Argentina, ad Ovest con Cile e Perù.
Si distinguono due grandi aree geografiche: le terre orientali tropicali, i due terzi del Paese, divise tra bacino amazzonico e l’area del chaco; e le Ande, un terzo del Paese, nella parte occidentale, costituite dalla cordigliera come dall’altipiano. A livello amministrativo, il territorio è suddiviso in nove dipartimenti.

In Bolivia visse la civilità Inca che fu l'ultima civiltà indigena a conquistare il Sudamerica. Nonostante la potenza e la grandezza l'impero durò poco meno di un secolo e con l'avvento dei conquistatori spagnoli si dissolse del tutto.
Ma i segni di cedimento furono visibili già a partire dal 1521 quando lotte interne portarono Atahualpa, fratello dell'imperatore Viracocha, a impossessarsi del trono con uno stratagemma.
Ma il peggio doveva ancora arrivare. In soli due anni (a partire dal 1531), gli invasori spagnoli capeggiati da Pizarro e Diego de Almagro conquistarono il Paese.
Dal '800 in poi, la Bolivia ha potuto contare su più di 190 governi che però non sono mai stati in grado di migliorare la situazione sociale e hanno fatto diventare un paese potenzialmente molto ricco nel paese più povero del sudamerica. Non solo. Nella sua lunga storia la Bolivia ha combattuto anche due guerre devastanti: la Guera del Pacifico (1874-1889) e la Guerra del Chaco.
In entrambe perse dei territori. Nella guerra del pacifico la Bolivia perse l'accesso al mare e quasi 900 chilometri di coste. Nella guerra del Chaco perse importanti spicchi di foresta amazzonica e di conseguenza la possibilità di sfruttarne le risorse.


La difficile situazione politica in Bolivia deriva da una gran varietà di complesse cause a livello strutturale, come ad esempio la povertà, l’ineguaglianza e l’esclusione sociale, ma anche dalla crisi delle istituzioni statali e della società.
Negli ultimi anni si è vissuta una forte emergenza dovuta alla profonda divisione tra il sistema politico tradizionale e gli alti livelli di conflitto sociale, intensificatisi con la caduta del Governo Sanchez de Lozada nel 2003. I successivi Governi di transizione non sono riusciti a soddisfare la domanda dei movimenti popolari, soprattutto quelli indigeni. Questo ha portato ad una radicalizzazione delle posizioni, rendendo impossibile la sigla di un accordo, finché non si è arrivati alle elezioni del 2005, con la vittoria di Morales, che ha portato ad un cambiamento profondo del contesto politico. Questo risultato è scaturito da una voglia di cambiamento che però ha polarizzato a livello territoriale le istanze, soprattutto per quanto riguarda la riforma agraria e l’utilizzo degli idrocarburi, acuendo l’instabilità. Per fronteggiare questa situazione si è costituita un’assemblea costituente che rafforzasse il sistema democratico, garantendo politiche di inclusione, la distribuzione delle terre, il decentramento a livello regionale.

A livello economico, la Bolivia è uno dei più poveri e poco sviluppati paesi dell’America Latina, con ben il 60% della popolazione sotto la soglia di povertà (CIA 2006). A seguito di una disastrosa crisi economica nei primi anni ’80, vi sono state delle riforme con il tentativo di stimolare gli investimenti privati, la crescita economica e la riduzione della povertà per tutti gli anni ’90. Il periodo 2003-2005, è stato caratterizzato da una forte instabilità politica, da tensioni razziali e violente proteste contro il poi abbandonato piano di esportare i nuovi giacimenti di gas naturale a favore delle economie occidentali. Nel 2005, la riforma degli idrocarburi ha fatto in modo che si imponessero elevate royalties e meccanismi che favorissero le aziende nazionali. Tuttavia, il conseguente allontanamento delle imprese straniere e quindi degli investimenti nell’economia boliviana, hanno portato ad una situazione attuale che impone non poche sfide al Governo per uscire dalla crisi.
A livello micro non mancano le difficoltà. L’attività di esportazione non crea molti posti di lavoro, anche se l’attività mineraria genera comunque possibilità d’impiego non qualificate. Attualmente (CIA 2009), il tasso di disoccupazione si attesta all’8,5%, anche se più del 65% della forza lavoro è occupata nell’economia informale. Anche se questo trend non potrà sicuramente migliorare le condizioni di vita della popolazione, per lo meno potrà garantire la sopravvivenza di molte famiglie, rispetto agli andamenti altalenanti dell’economia.

A livello sociale, la Bolivia presenta un complesso background etnico e culturale. Il gruppo etnico ed il luogo di nascita di una persona, famiglia o gruppo sociale, costituisce un fattore di estrema importanza nella determinazione delle possibilità di movimento e delle opportunità di miglioramento disponibili. Le ineguaglianze socioeconomiche che hanno caratterizzato la storia della Bolivia, e la conseguente esclusione dei poveri indigeni e dei meticci dai benefit dello sviluppo, hanno portato ad una situazione di cronica povertà. La Bolivia, con un indice di sviluppo umano pari a 0,723 nel 2008, si porta al 111 posto nella classifica mondiale. Anche se la povertà è un fenomeno esteso soprattutto nelle zone rurali, anche in quelle urbane vi sono segnali di incremento, a causa dell’emigrazione interna. Tuttavia, vi è un continuo spostamento tra le zone rurali ed urbane che garantisce il mantenimento della cultura andina. Diverso è il caso dell’emigrazione esterna, che negli ultimi anni ha portato 2,3 milioni di boliviani fuori dal Paese, un dato molto elevato se si pensa che la popolazione totale è pari a 9.947.418 abitanti (CIA 2010). Riconoscendo questa situazione, verso la fine degli anni ’90, si sono creati numerosi programmi sociali. Si sono fatti tentativi per migliorare il livello d’istruzione e di salute, con risultati positivi ma insufficienti. Ad oggi, possiamo registrare un tasso di mortalità infantile pari al 43/1000, un’aspettativa di vita di 67 anni, un tasso di crescita della popolazione pari all’1,72%. Si tratta di dati che hanno ancora un abbondante margine di miglioramento, ma che comunque, a livello mondiale, attestano il Paese su uno standard medio. Tuttavia, se qualche miglioramento si è ottenuto in termini qualitativi, la strada risulta ancora in salita per quanto riguarda l’accesso a questi servizi di base, sia rispetto alla distribuzione geografica che a quella sociale. La disparità maggiore si registra tra aree rurali ed urbane, provocando un intenso flusso migratorio interno. La maggiore sfida che dovrà affrontare il Paese sarà l’inclusione degli esclusi, anche se si stanno facendo enormi passi in avanti, soprattutto dopo l’emanazione della nuova Costituzione del 2009.


La situazione dei minori. Su una popolazione di quasi dieci milioni di abitanti, il 45% è minore d’età, più di un milione e mezzo sotto i 6 anni. Nelle zone rurali e urbane periferiche, dove l’indigenza e la povertà sono causa di un basso livello di sviluppo fisico, mentale e cognitivo, i diritti dei minori trovano maggiori difficoltà ad essere rispettati. In Bolivia, non si può dire che vi sia una cultura del rispetto dei diritti dei minori. Le pratiche della vita quotidiana evidenziano come i minori siano delle proprietà dei genitori, e come tali utilizzate per il bene della famiglia. La maggior parte della popolazione considera normale picchiare i propri figli per farsi rispettare. Anche se i tassi di mortalità infantile stanno progressivamente diminuendo, vi sono ancora numerosi problemi che il Governo dovrà affrontare, come la registrazione dell’atto di nascita, che ancora oggi risulta un problema sia a causa del costo della burocrazia, ma anche per questioni culturali. Un altro fenomeno riguarda i bambini di strada, oltre 4.000 secondo le ultime stime, bambini i cui diritti sono calpestati quotidianamente e la cui condizione di vulnerabilità è estrema. Allarmante risulta essere anche il problema dei bambini istituzionalizzati, quasi diecimila unità, a fronte di una scarsità di risorse da poter dedicare alla loro educazione, tanto da potergli garantire a malapena la sopravvivenza. Infine, il fenomeno dei bambini lavoratori.

Lo sfruttamento di bambini, bambine ed adolescenti in diversi luoghi di lavoro da parte di differenti tipologie di attori, costituisce uno dei principali problemi del Paese a livello sociale.
Secondo l’ultimo censo del 2001, vi sono 116.000 minori tra i 7 ed i 13 anni che lavorano, in particolar modo di sesso maschile. Se si guarda agli adolescenti tra i 14 ed i 17 anni, il dato aumenta a 729.000 unità, con una maggioranza dei ragazzi nelle zone rurali, delle ragazze nelle zone urbane.
Ben il 10% dei lavoratori nel settore minerario sono minori. Se ai bambini sotto i 12 anni, vengono dati in cambio del loro lavoro, gli scarti di ciò che si estrae, gli adolescenti possono guadagnare 2 boliviani al giorno, garantendo il 14% delle entrate giornaliere della famiglia.
Nei mesi tra maggio e novembre, numerosi sono i minori impiegati nelle piantagioni di canna da zucchero, dove solo nella zona di Santa Cruz, sono impiegati oltre 7.000 minori, la metà di questi tra i 9 ed i 13 anni di età.

Se questi due esempi sono secondo l’UNICEF delle forme di alto sfruttamento del lavoro minorile, nel suo rapporto “Progress for children” del 2009, includeva anche il lavoro domestico, dato lo status di vulnerabilità in cui versano migliaia di bambine ed adolescenti, costrette ad una sorta di servitù quotidiana all’interno della famiglia, dove non sono pagate, e spesso vittime di abusi.
 


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