La voce dei bambini boliviani

lasciateci il lavoro minorile

23/02/2014

 

Perché le lotte dei bambini lavoratori in Bolivia vengono appoggiate dal presidente Evo Morales?

Cristiano Morsolin

Secondo Evo Morales, presidente della Bolivia, i bambini, le bambine e gli adolescenti lavoratori hanno una grande consapevolezza sociale. Morales ritiene che bisognerebbe proteggere il lavoro dei minori nel paese, e non cercare di eliminarlo. A partire dalla riproposizione di un articolo di Michele Farina pubblicato nel “Corriere della Sera” del 29 dicembre scorso, Cristiano Morsolin sottolinea come il 2014 si sia aperto in Bolivia con il dialogo del presidente Evo Morales con i movimenti sociali dei bambini lavoratori considerati “una coscienza sociale per il loro appoggio all’economia famigliare”. Il presidente Evo ha fatto eco alle proposte dei NATs, che chiedono di regolare e proteggere il lavoro minorile anche per i minori di 14 anni (opponendosi al convegno n. 182 dell’età minima dell’Organizzazione del Lavoro OIL), denunciato anche le ONG che strumentalizzano per scopi finanziari il tema del lavoro minorile, attraverso una nota diffusa dalla Camera dei Deputati “Algunas ONGs de Bolivia están manipulando a niños con fines políticos y financieros” (www.diputados.bo/index.php/prensa/justicia/item/1344). UNATSBO è parte del “Governo dei Movimenti Sociali” che si sta costruendo in Bolivia e ha avuto eco mondiale con gli articoli della CNN, del canale francese TF1 ma anche della stampa indipendente, inclusi altri articoli di Cristiano Morsolin.

il presiidente Evo Morales incontra i bambini lavoratori.

Michele Farina, “Corriere della Sera”, 29.XII.2013, p.15 (in http://archiviostorico.corriere.it)

DIRITTI E DOVERI. LA LEGGE È STATA RICHIESTA DALLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI. MA IL PRESIDENTE EVO MORALES APPOGGIA LE RIVENDICAZIONI DEL SINDACATO DEI MINORENNI

I bambini boliviani: lasciateci il lavoro minorile

Contro l’abolizione voluta dal Parlamento protestano piccoli minatori e lustrascarpe

A 9 anni sul tetto delle Ande: il californiano Tyler Armstrong ha appena conquistato con il suo papà l’Aconcagua (6.962 metri). Èorgoglioso dell’impresa: «I miei coetanei normalmente giocano ai videogames». Non tutti: sotto quelle vette ci sono migliaia di bambini e ragazzi come Rodrigo Medrano, che proprio a 9 anni ha cominciato a frequentare un’altra montagna famosa, il Cerro Rico. Più che salirci, ci è entrato. Ha fatto il minatore. Adesso che ne ha 15 Rodrigo è un attivista dell’Unatsbo, il sindacato dei bambini: in Bolivia il lavoro minorile è protetto dalla Costituzione (salvo 23 attività considerate «pericolose»), ma i politici adesso vogliono vietarlo. E il sindacato dei bambini è sul piede di guerra. Vogliono difendere il loro diritto al lavoro. E le loro conquiste, che saranno paradossali ma restano pur sempre conquiste: i piccoli venditori ambulanti di giornali per esempio organizzandosi hanno visto raddoppiare la paga. Difendono la loro realtà: in Bolivia un minore su 3 lavora. Su 10,5 milioni di abitanti ci sono 850mila lavoratori sotto i 18 anni, mezzo milione tra i 6 e i 14, tra le foreste e gli altipiani della nazione più povera del continente. Un esercito di infanti minatori, fabbricanti di mattoni, lustrascarpe e lustratombe come Lourdes Sanchez Cruz, 15 anni, eyeliner e poncho fatto a mano, che il giornale tedesco “Die Zeit” ha seguito tra le cappelle del cimitero di Potosì, all’ombra del Cerro Rico e delle sue gallerie dove sudano tremila bambini. Nei giorni buoni Lourdes riesce a pulire quattro o cinque tombe e a essere pagata dalle famiglie. Non vuole fare la fine di suo padre, minatore a vita con i polmoni rovinati. Vuole studiare, ma per questo, dice, ci vogliono i soldi: lei ha guadagnato i primi centesimi lavando i piatti in un ristorante quando aveva 12 anni. I dati dell’Unicef dicono che il 39 % dei baby lavoratori in Bolivia continua ad andare a scuola, mentre il 4 % non ci ha mai messo piede. Una delle scorse notti Lourdes ha viaggiato con altri compagni fino a Cochabamba per una riunione (a cui non erano invitati) della commissione parlamentare incaricata di studiare il lavoro minorile. Che esiste ma non è tutelato abbastanza: «Non ci sono contratti né documenti, dice Lourdes, molti di noi sono picchiati, defraudati del salario, e nessuno paga se ci facciamo male. Nel mondo ipocrita del futuro saremo ancora più vulnerabili». Fino a poco tempo fa il Parlamento di La Paz stava valutando addirittura di abbassare l’età del primo impiego a 6 anni. Adesso invece, pressati dalle organizzazioni internazionali che minacciano di togliere gli aiuti alla Bolivia, i politici sembrano aver preso la strada opposta. Scatenando le proteste dei piccoli lavoratori schierati contro il nuovo Codice dell’Infanzia (divieto di lavorare sotto i 14 anni), la cui approvazione prevista entro fine anno è stata rinviata a gennaio. Una guerra di classe (elementare), altro che videogames: nei giorni scorsi in diverse città la polizia ha disperso i baby manifestanti con i lacrimogeni. Il presidente Evo Morales ha ricevuto una delegazione e si è schierato dalla loro parte: «Non dobbiamo impedire il lavoro minorile ma il suo sfruttamento» ha detto il presidente: eliminare el trabajo infantil vorrebbe dire secondo lui «eliminare la coscienza sociale». Non è chiaro se le parole di Morales, che pure ha cominciato a sudare da piccolo nelle piantagioni di canna da zucchero e di coca, possano bloccare il nuovo codice. I politici parlano, i genitori spingono i figli a lavorare, i figli non hanno scelta. Henry Apaza, 13 anni, venditore ambulante di sigarette nella città di El Alto e delegato del movimento: «Non possono togliere il lavoro a chi è costretto a lavorare per le circostanze della vita». Alvaro ha 17 anni: a 8 con la nonna era un piccolo guardiano all’entrata di una miniera, a 12 puntava un grande trapano nelle viscere dure del Cerro Rico. Si è strappato i tendini, è diventato amico di Lourdes che un anno fa gli ha consigliato di cambiare. Adesso Alvaro fa il garzone presso un meccanico di auto. Anche lui ha fatto parte della delegazione a Cochabamba: hanno saltato un giorno di lavoro con Gerardo che di solito spinge carriole, Jaime che cuoce mattoni, Alfredo che ha 17 anni ed è capo famiglia da quando ne aveva 8 e morì suo padre. Si sono presentati all’albergo con piscina dove si teneva il convegno. I politici della commissione parlamentare hanno concesso al loro portavoce 5 minuti. Alfredo ha concluso così il suo intervento: «Se proprio dovete abolire il lavoro minorile, fatelo un passo alla volta». Lourdes la lustratombe massimalista è uscita delusa. Il presidente della Commissione Javier Zavaleta ha commentato: «Se non fosse una cosa triste, ci sarebbe da ridere: i bambini sono i primi a sostenere il diritto al lavoro minorile».

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