Con i miei occhi

Testimonianza di Sara

28/06/2020

Agosto 2019. Una studentessa di Pedagogia presso l’Università degli Studi di Padova.

Ho completato tutti gli esami della magistrale ed ora manca l’ultimo step importante: la tesi.

Scelgo di iniziare un progetto di ricerca nato dalla curiosità e l’interesse di comprendere e scoprire un tema tanto importante quanto contraddittorio: il lavoro minorile.

Già dalle prime ricerche mi rendo conto di quanto questa tematica possa risultare rilevante: istituzioni come la Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, n.d.) la descrivono come un’attività lavorativa che priva bambini e bambine della loro infanzia, della loro dignità e influisce negativamente sul loro sviluppo psico-fisico.

Leggo numerosi articoli e mi rendo conto che tra questi non riesco a trovare la cosa più importante: la voce dei bambini/e, la voce delle comunità, la voce delle famiglie.

Riesco a consultare poche fonti che si allontanino dalla tendenza alla polarizzazione, che non avanzino proposte di netto sradicamento del fenomeno e che prendano in considerazione la variabile più trascurata da questi studi: la cultura. In diverse culture il lavoro dei bambini/e e adolescenti è considerato come un fattore di crescita nella comunità locale, una risposta dignitosa alla povertà che si rivela come una componente fondamentale nei processi di socializzazione (Ruffato, 2006). Tale contrasto nasce dalla realtà dei pochi studi che approfondiscono gli aspetti positivi del lavoro. I principali sono rivolti alle “Peggiori Forme di Lavoro” e ai “lavori pericolosi” come la schiavitù, le attività illecite e molte altre.


Così decido di concentrare la fase della raccolta dati, quindi la parte sperimentale della mia ricerca, direttamente sul campo e in un’istituzione che possa offrirmi una visione più completa e non abolizionista del lavoro minorile. In seguito a varie ricerche incontro una delegazione NATs (niños, niñas y adolescentes trabajadores) in Colombia, la Fundación Creciendo Unidos. A pormi in contatto con l’associazione è l’associazione trevigiana NATs per... L’approccio sembra essere esattamente ciò che cercavo: la “Valorizzazione Critica” che sottolinea la valenza educativo-formativa del lavoro minorile e lo considera come un fattore di resilienza nella risposta alle situazioni di marginalità e povertà che i NATs si trovano ad affrontare quotidianamente.

Così a febbraio 2020 inizia il mio tirocinio presso la Fundacion Creciendo Unidos (FCU), con sede a Bogotà.
La FCU (n.d.) è un'organizzazione sociale senza scopo di lucro, che da un approccio differenziato e da metodologie alternative promuove la partecipazione delle ragazze, bambini e adolescenti per l'esigibilità dei loro diritti al fine di posizionare una Nuova Cultura d'Infanzia per contribuire alla costruzione di una società giusta, in pace e inclusiva dalle voci e dalle azioni di questi soggetti e attori sociali. Devo molto a questo ente, sia in termini di crescita personale che professionale.

Parto con molte domande e un po’ di ansia. Le informazioni che riesco a raccogliere prima di partire sulla Colombia e su Bogotà sono a tratti emozionanti e a tratti molto preoccupanti. La città viene definita come caotica e, a volte, molto pericolosa. I livelli di criminalità e furti sono alti e ancora prima di partire la mia mente si riempie di raccomandazioni dei locali, con la quale entro in contatto, e delle persone che mi vogliono bene.

Il primo approccio con la città è stato uno shock culturale: non sono abituata a stare in allerta ad ogni spostamento, a stringermi allo zaino nei mezzi pubblici o a fare attenzione alle zone in cui lavoro. Ma i miei timori si affievoliscono man mano che inizio a conoscere e riconoscere quello che mi circonda. La cultura mi coinvolge e mi travolge di colori, musica e piatti tipici. La gente del posto mi apre le porte, da subito: alloggio in un Airbnb con una coppia incredibile che mi fornisce le informazioni importanti su come vivere a Bogotà. Gli impiegati della fondazione prestano attenzione ad ogni mio timore e sono subito pronti ad aiutarmi in ogni momento di difficoltà. Conosco pian piano le famiglie del mercato del 20 de Julio e di Caracolì, le due zone in cui si concentra il mio tirocinio. Vedere e vivere con la mia pelle tante esperienze e vissuti che prima leggevo da un computer è emozionante. Da subito entro in una buona sintonia con i bambini e le bambine. Nessuno di loro trascura la scuola e tutti ne comprendono l’importanza.

Le mie interviste e questionari raggiungono lo scopo prefissato: dare voce a chi vuole essere ascoltato. Quello che richiedono è infatti semplice: essere ascoltati. Attraverso il protagonismo e i progetti di valorizzazione critica i bambini/e reclamano dei veri diritti che possano dignificare e proteggere il loro lavoro e non emarginarlo. Le motivazioni che spingono i minori al lavoro sono nobili: aiutare la propria famiglia ad uscire dalla condizione di povertà e comprarsi gli utili scolastici per avere pari opportunità nelle scuole. Non si tratta solo di essere contrari ad una visione abolizionista, ma anche di riformare una visione culturale adulto-centrica della legislazione internazionale, che non tiene conto dei beneficiari delle sue politiche quando si trova a definirle. Ogni attività proposta dalla fondazione si basa sul far conoscere e comprendere i diritti ai diretti interessati, così come definito dalla Convenzione dei delle Nazioni Unite dei Diritti dell’Infanzia (1989). L’art. 12 afferma: “il bambino ha diritto a esprimere un’opinione e ad avere che questa opinione sia considerata, in ogni materia o procedura che influenza il bambino, in accordo con la sua età e maturità” (Oyanedel et al., 2015).

Per il 7 marzo 2020 io e il mio collega educatore, con cui ho condiviso ogni momento del mio tirocinio e al quale devo un ringraziamento speciale, prepariamo un’attività dedicata ai diritti sulle donne in onore della giornata internazionale (8 di marzo). Anche in questo giorno siamo andati nella piazza del mercato 20 de Julio, dove molti bambini/e lavorano con le proprie famiglie, vendendo frutta e verdura. Passando per ogni bancarella, le famiglie, che comprendono l’importanza del lavoro che stiamo svolgendo, ci lasciano fiduciose i propri figli. In questa data abbiamo giocato con la storia. Radunati in una piccola sala comunale del mercato abbiamo infatti raccontato gli avvenimenti più importanti collegati ai diritti delle donne. Apriamo la giornata con una proposta: “oggi bambini/e impariamo che cos’è El Dia de la Mujer (giornata della donna)”. Viene raccontata la storia di quello che è un vero e proprio simbolo di rivoluzione e lotta, un simbolo di qualcosa che è già parte dei vari vissuti familiari: la storia delle donne lavoratrici. La maggior parte di questi bambini/e vive solo con la madre e qualche zia, o la abuela (nonna). Essere specifici è di fondamentale importanza in attività connesse alla famiglia: padres, mama, abuelita. Non una parola di meno. Nell’excursus raccontiamo di grandi donne colombiane che hanno segnato il paese. Nello specchio delle storie di queste donne così importanti si riflette la vita dei bambini/e che ogni giorno incontriamo nella piazza. È emozionante, El Dia de la Mujer ci ha insegnato quanto caro sia il prezzo dei nostri diritti. Oggi abbiamo ricordato le grandi donne colombiane, inglesi, francesi, statunitensi, per ringraziarle di averci permesso di essere quello che siamo ora.

C’è ancora molta strada da fare, ma i primi passi sono sempre i più difficili. Ora tocca a Tati, Evelyn, Daisy, Kevin, Brandon, Sofia, Isabel, Santiago, lottare per i propri diritti e per un futuro migliore e a noi il compito di guidarli e non permettere la perpetuazione di abusi e violenze. Questi bambini/e amano stare insieme, condividere momenti, hanno negli occhi la speranza e la voglia di cambiare. Sono felici ed attivi, e finché hanno l’energia per farlo devono poter lottare, giocare, vivere e se c’è bisogno, lavorare. Sanno benissimo il prezzo del lavoro già a 7 anni, se non prima. Ma non per questo smettono di lottare per farlo, perché? Perché il diritto al lavoro è fondamentale e loro hanno nel cuore la voglia di aiutare i loro genitori per ganarse la vida (guadagnarsi la vita) e salir de la pobreza (uscire dalle condizioni di povertà).

La giornata si conclude con un’attività ricreativa di disegno e varie interviste. Torno nella casa in cui alloggio, nella via non smetto di sorprendermi di quanto siano svegli questi bambini e bambine, osservo con occhi lucidi l’architettura della città, i murales, i colori. Ad invadermi i profumi di empanadas e vari piatti deliziosi. La musica è ovunque, salsa, cumbia e anche un po’ di reggaeton.

Sono entusiasta della mia scelta e ringrazio la stella che mi ha guidata fin qui. Ringrazio gli enti che mi hanno permesso di svolgere questo tirocinio, scommetto sul coraggio che nasce dalla voglia di non fermarsi alle apparenze e sulla volontà di cambiare le cose.

BIBLIO

Banchetto Informativo